Dopo l’esordio nei digital store con “Un dio”, la raffinata cantautrice Melamanouche torna con il suo nuovo singolo “No Contact“, che ci racconta qui in esclusiva.
Melamanouche, all’anagrafe Paola Passarello, è una cantautrice e musicista dalla formazione teatrale. Prima chitarrista italiana a specializzarsi nel jazz manouche, un genere che combina il virtuosismo del jazz con le ritmiche della chitarra francese, ha sempre saputo distinguersi per il suo stile innovativo e la sua straordinaria versatilità.
«Il no contact si vive quando una relazione non funziona più, ma le sue tracce rimangono dentro di noi, amplificate dall’assenza e dall’immaginazione», racconta l’artista.
Prodotto nei Phaser Studios, “No Contact” nasce dall’esperienza della pandemia, un periodo che ha ridefinito il concetto di contatto sia fisico che emotivo. Con parole e musica, Melamanouche traduce un’intima riflessione universale: il vuoto lasciato dalle relazioni interrotte e il bisogno di riscoprire un legame autentico e profondo.
Dopo questa breve presentazione, abbiamo avuto il piacere di dialogare direttamente con Melamanouche, per esplorare più a fondo le sue ispirazioni e il processo creativo.
Melamanouche: l’intervista
Sei conosciuta per il tuo legame con il jazz manouche, però “No Contact” segna un cambio di rotta verso sonorità più pop. Cosa ti ha portato a questa scelta stilistica?
Più che un cambiamento di rotta è una produzione che è andata avanti parallelamente al progetto Manouche. Io sono consapevole che il cantautorato può attraversare diversi generi musicali. Questa canzone è nata spontaneamente e ho deciso di registrarla proprio per le sue sonorità particolari. La seconda strofa, ad esempio, si colloca a metà tra il rap e il cantato. A livello teatrale, è molto presente il coro della tragedia greca e, grazie al ritmo in sedicesimi, conserva quella ripetizione e quell’impulso incalzante tipici dei testi in greco antico.
In “No Contact” il tormento amoroso si intreccia con l’esperienza del distanziamento sociale vissuto durante il lockdown. Come queste due dimensioni, personale e collettiva, hanno influito sulla tua scrittura?
Per quanto riguarda la dimensione collettiva del lockdown, ha pesato particolarmente il senso di attesa sospesa, il desiderio del corpo delle altre persone. Che cos’è davvero il contatto? Anche se avessimo finalmente ottenuto il contatto fisico, sarebbe bastato a colmare quella tristezza, quel senso di vuoto e di morte che aleggiava nell’aria? Per quanto riguarda la mia situazione personale, ha influito sulla mia presa di coscienza e responsabilità rispetto all’atto di creazione e produzione artistica. Ma c’è stato anche un cambiamento profondo, un dissolversi dei confini tra l’interno e l’esterno, e un crescente bisogno di essere sempre più connessa agli altri, sia attraverso i social sia nella realtà quotidiana.
La tua canzone sembra contrastare il trend attuale della musica ‘veloce’, pensata per i social, con brani brevi e ritornelli di 30 secondi. Le strofe, più articolate, sono una scelta consapevole?
Sì, ne sono consapevole, e mi è stato fatto notare più volte. Ma preferisco restare coerente con me stessa: non volevo sacrificare autenticità e struttura solo per seguire un trend. L’espressione artistica non si può ridurre a un frammento, è qualcosa di più profondo, è essenza, anima. Ha bisogno del suo spazio per essere davvero significativa.
Prima che i lettori di questa intervista si immergano nell’ascolto di “No Contact” , c’è una riflessione finale o un messaggio che vorresti lasciare loro?
Credo che il no contact sia l’opposto di ciò che, in una società connessa, ci si propone di creare. In quello spazio sospeso confluisce tutto ciò che non ha funzionato: le nostre paure, le intenzioni, le speranze. Essendo un’attesa tutto può ancora ribaltarsi, ma dipende interamente dalla nostra capacità di smascherarci, di mostrare anche il nostro lato più debole e autentico: “In questo mondo vince chi nasconde il sentimento, ma io non sono più in grado di nasconderlo.”
A questo punto ci lasciamo con una riflessione: cos’è davvero il contatto per voi? Fatecelo sapere nei commenti.
[Articolo di Francesco Franco].